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Una settimana con la Skoda Rapid Spaceback (prova di Quattroruote)

Skoda Rapid Spaceback
Una settimana con la 1.4 TDI DSG 90 CV


La protagonista del nostro Diario di bordo questa settimana è la Skoda Rapid Spaceback, una specie di "non familiare" che però assomiglia molto a una station wagon, seppure con una linea più filante. Quanto a dimensioni, è poco più lunga di una Fabia Wagon (430 cm contro 425), ma ha un aspetto e caratteristiche alquanto differenti. In effetti, la Rapid ha una storia tutta diversa. Nasce nel 2012 come berlina tre volumi, sulla piattaforma PQ25 del Gruppo Volkswagen (la stessa della Seat Toledo IV serie) ed è caratterizzata dal nuovo stile Skoda, minimalista e squadrato, introdotto dal designer Josef Kaban. Da noi la tre volumi si è vista poco, mentre la versione due volumi compatta arrivata l’anno dopo, nel 2013, è stata più apprezzata. Dopo quattro anni, è il momento di un leggero restyling, che riguarda soprattutto la zona anteriore: paraurti e fendinebbia modificati, luci diurne a Led e, a richiesta, luci bi-xeno. Tra le novità introdotte c’è il debutto del tre cilindri turbobenzina 1.0 TSI, ma abbiamo puntato sull’abbinata più interessante prevista per questo modello: l’1.4 TDI da 90 CV con il doppia frizione DSG. Con l’allestimento Executive, il più completo, il prezzo è 23.500 euro.

Poco assetata [Day 1]. Dirò subito quello che mi ha colpito di più della Rapid: i consumi. La lancetta del serbatoio è rimasta incollata alla tacca del pieno ben oltre i primi cento chilometri di viaggio, e solo facendo scorrere la rotellina sul volante per visualizzare le schermate del computer di bordo, ho potuto tenere d’occhio le medie: senza alcuno sforzo o particolari attenzioni, ho fatto i venti con un litro di gasolio (in realtà il display segnava 5,2 l/100 km, pari a 19,2 km/litro). Quanto alla guida, la Rapid con il suo turbodiesel e il cambio automatico va assecondata un po’. Se si va ad andature medie, con il piede leggero, il regime scende parecchio, intorno ai 1.500 giri/minuto, con un rapporto lungo e di conseguenza una prontezza limitata. La sonorità del tre cilindri è poco coinvolgente e la spinta, in caso di leggero affondamento sull’acceleratore, modesta. Per risvegliare il propulsore bisogna premere con una certa decisione, ottenendo in quel caso una rapida scalata, spesso di due rapporti insieme (il quinta-terza, nel traffico, avviene spesso). L’1.4 TDI da 90 CV diventa un divertente compagno di viaggio, salvo poi tornare fin troppo tranquillo alle velocità costanti. Forse un tasto per selezionare la modalità di guida, normale, eco o sportiva, avrebbe aiutato maggiormente a trovare la sintonia giusta con l’auto, ma si impara presto a dosare l’acceleratore con quel giusto anticipo per avere una buona sensazione di guida. In ogni caso, il doppia frizione a sette marce si conferma gradevole e fluido, senza indecisioni negli innesti. Infine, a velocità autostradale ho apprezzato il confort acustico dell’abitacolo. Mi aspettavo qualche rumore di rotolamento o fruscio in più, invece anche alle andature sostenute si può ascoltare la radio a un volume medio o telefonare col vivavoce senza problemi. A proposito di indicatore del serbatoio: arrivato a destinazione, dopo circa 200 km, la lancetta era scesa di pochissimo, circa un ottavo. Andrea Sansovini, Redazione Internet
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Un'auto concreta. [Day 2]. Lo ammetto, sono uno che le Skoda le apprezza. Mi piace la loro razionalità, sono macchine fatte bene e che badano al sodo, senza fronzoli (e non si paga di più per il marchio che portano sulla calandra). Mi avvicino quindi ben disposto alla Rapid Spaceback e il primo impatto è positivo: abituato come sono a valutare i giochi tra i pannelli della carrozzeria noto subito che sono ridotti e uniformi. Nell’abitacolo, poi, si ritrova il classico approccio delle vetture ceche del Gruppo VW, ovvero grande semplicità accompagnata da un’apprezzabile accuratezza di assemblaggio. E non mancano piccoli dettagli volti a rendere più pratico l’impiego dell’auto, quali il piccolo cestino per la spazzatura nella tasca della porta lato guida, il cordone di gomma che consente di chiudere facilmente il portellone e il raschietto per la neve e il ghiaccio infilato nel dorso del portello del bocchettone del serbatoio. Qui, poi, sul padiglione ci sono ancora le maniglie di appiglio per tutti (anche per chi guida…) mentre sulle nuove Ibiza e Polo sono scomparse. Sistematomi al posto guida, metto in moto e scopro che il motore è il tre cilindri diesel 1.4 TDI da 90 cavalli. Non è certo un campione di rotondità di funzionamento, ma la presenza dell’automatico DSG a sette rapporti aiuta a fluidificare la marcia, se si usa sull’acceleratore la cautela del buon padre di famiglia. Permane infatti una certa ruvidità quando si spremono tutti i cavalli e pure il riavviamento ai semafori è accompagnato da vibrazioni ben avvertibili, quindi disattivo subito lo Start&stop. Ciò precisato, la Rapid trasmette una rassicurante sensazione di compattezza, di “stagnitudine”, la strumentazione e i comandi sono chiari e intuitivi e il confort è di buon livello, con qualche irrigidimento delle sospensioni solo sullo sconnesso più marcato. Pure i consumi non deludono: al termine di un percorso interamente cittadino il computer di bordo indica 5,7 l/100 km, mentre l’indomani il rientro in redazione via tangenziale (ancora senza traffico e facendo sempre attenzione col piede destro) l’indicatore di consumo si ferma a 4 l/100 km. Roberto Boni, redazione prove/tecnica
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Come va [Day 3]. Il dubbio, quando ti metti al volante di un’auto così, è sempre lo stesso: riuscirà un diesel di soli 1.400 cm3 a far andare in maniera soddisfacente una "station" che, pur non enorme, è comunque lunga 4 metri e 30 e pesa, in ordine di marcia, 1.165 kg? L’incertezza, nel caso della Skoda Rapid che ho tra le mani, è accentuata dal fatto che il motore in questione è pure un tre cilindri, che eroga la non esuberante potenza di 90 CV. Ma bastano pochi chilometri a fugare tutte le perplessità. E a farmi pensare che sarebbe ora di seppellire una volta per tutte le riserve (vogliamo dire pregiudizi?) che continuano ad affiorare nella mia mente ogni volta che mi confronto con un caso concreto di downsizing. La Rapid 1.4 TDI, infatti, va benissimo: non fa rimpiangere la più dotata versione 1.600 (4 cilindri diesel da 115 CV), né delude le eventuali aspettative. Il merito, probabilmente, oltre che dell’assenza quasi totale di vibrazioni del tre cilindri (anche all’avviamento, cosa non scontata), è dell’abbinamento col cambio DSG, che rende la marcia di una lodevole fluidità. Si avverte, solo, qualche incertezza nelle ripartenze da bassissime velocità, per esempio quando quasi ci si ferma all’ingresso delle rotonde, per l’infinitesimo tempo necessario a sincerarsi che non sopraggiunga nessuno, al loro interno, con diritto di precedenza. Un attimo di esitazione, a malapena percepibile, come se il DSG non avesse inserito un rapporto sufficientemente basso per rilanciare la vettura rispetto alla coppia erogata dal propulsore. Un’inezia, rispetto alla piacevolezza complessiva del funzionamento di questa Skoda forse non eccitante, ma estremamente intelligente nel suo rapporto tra prezzo, prestazioni e qualità. Oggettiva, oltre che percepita. Emilio Deleidi, redazione Attualità
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Uno sguardo agli interni [Day 4]. Buon sangue non mente. E questa Skoda Rapid Spaceback lo dimostra, con tutta la forza della sua sostanza. Spaziosa e dall’ambiente “ordinato” e preciso, bada più che altro al sodo. Nessuna concessione a materiali di pregio, però a bordo si avverte subito una positiva sensazione di solidità, come è nel Dna del marchio. Il pacchetto meccanico è abbastanza “originale”, nel senso che combina il tre cilindri 1.4 turbodiesel da 90 CV e il doppia frizione DSG a sette marce. Per prima cosa, però, voglio dare un’occhiata agli interni. Tutto facile, come mi aspettavo, al momento di trovare la posizione di guida più adatta: e, al riguardo, mi piace rimarcare la presenza della cintura di sicurezza scorrevole, ben poco diffusa nella categoria. Mi sembra invece un po’ meno riuscito il format della console, che include un monitor un po’ troppo… centrale: per intenderci, è collocato ben al di sotto del livello della strumentazione. Va da sé che i comandi sottostanti della climatizzazione inducono a effettuare regolazioni preferibilmente da fermi. Tornando al sistema multimediale: è facile da gestire, e ha grafica chiara. Il navigatore offre indicazioni precise e puntuali ed è abbastanza rapido a calcolare destinazioni e possibili “scorciatoie”. Inoltre, l’impianto audio si fa apprezzare per la buona qualità e questo è un bel punto a favore quando si macina parecchia strada. A portata di mano, poi, le prese multimediali: la 12 V è sul tunnel, mentre la Aux e la Usb sono posizionate, un filo incassate, nella zona alla base della console. Andrea Stassano, redazione Autonotizie
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Day 5. Per il secondo giorno del diario di bordo sulla Rapid Spaceback, mi metto in “ascolto” nel tragitto verso la redazione. Il tre cilindri 1.4 TDI si fa sentire sempre un po’, sin dai regimi più bassi. Qualche ticchettio e una certa ruvidità che non scompaiono - ed è comprensibile - quando ci si spinge verso quota 4.000 giri. Il motore risulta invece più discreto ad andatura autostradale, quando in Drive si attesta sui 2.500 giri. Potenza e coppia, comunque, sono adeguate a muovere con il brio che serve la due volumi che, ricordiamolo, proprio piccola non è. Nonostante ciò, la vettura risolve in maniera agile e disinvolta le normali situazioni di traffico. Il cambio DSG aiuta a gestire il tutto snocciolando rapidamente le marce una dietro l’altra in Drive, fino a inserire i rapporti superiori già sui 60 orari. Volendo adottare una guida più svelta, si agisce sul kick-down, si scala e via. Non ci sono i paddle, e non se ne sente la mancanza: se si vuole utilizzare la modalità sequenziale, non resta che ricorrere al selettore, che presenta la scalata all’indietro. Il volante ha una corona gradevolmente corposa. Non sarà per questo, ma lo sterzo comunica abbastanza bene quanto accade a livello dell’asfalto, pur risultando un po’ leggero a bassa andatura. Buono, inoltre, il mordente iniziale dei freni. La nostra Spaceback resta un’auto da famiglia, sincera e facile, però “guadagna” qualcosa in fase di inserimento e di percorrenza in curva, grazie alla gommatura ribassata 215/40 montata su cerchi da 17”. Piccolo rovescio della medaglia: sugli ostacoli diffusi in città, come tombini e rotaie, si avverte qualche risposta un po’ secca. Andrea Stassano, redazione Autonotizie

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Fonte:  Quattroruote